Relazione sul corso di formazione in Video Intervention Therapy svoltosi a Roma nei giorni 17-18-19 maggio 2012, condotto dal dott. George Downing, sul tema: “I disturbi del comportamento e la Video Intervention Therapy”
Relazione sui risultati complessivi della verifica
Il programma del corso di formazione è stato orientato sull’integrazione di teoria e pratica, attraverso la visione di video di casi clinici che sono stati osservati e analizzati con discussioni in gruppo, in piccoli gruppi, con role play e simulate. Nel lavoro col video un principio importante, da tenere in considerazione, è che non tutti vedono tutto e le stesse cose. E’ per questo che la suddivisione in piccoli gruppi ha arricchito il lavoro delle giornate di formazione offrendo ai partecipanti un utile caleidoscopio di considerazioni formative. A tutti i partecipanti è stata consegnata una bibliografia di riferimento per consentire un approfondimento dei temi trattati durante il corso.
Nello specifico, la verifica dell’apprendimento dell’evento è stata effettuata, oltre che dall’analisi del questionario compilato dai partecipanti, anche attraverso la discussione di casi clinici portati dai partecipanti medesimi. I partecipanti sono stati spesso suddivisi, dopo la visione dei video, in piccoli gruppi di lavoro all’interno dei quali è avvenuta la discussione. Successivamente i risultati del lavoro di gruppo sono stati riportati e discussi con tutti i partecipanti e il docente.
Tutti hanno potuto cimentarsi nella discussione e verificare la bontà o meno delle proprie ipotesi. Le riflessioni sui casi clinici sono state numerose e di grande rilevanza. Il docente G. Downing ha sempre dato il suo feedback, offrendo chiarimenti e la possibilità di fare domande su quanto trattato durante l’intero corso. Sono stati valutati positivamente i contenuti delle riflessioni e le osservazioni di ognuno e pertanto i partecipanti sono risultati tutti idonei.
Si riporta di seguito una breve descrizione delle parti più significative dell’evento.
Primo giorno
Dopo una breve presentazione del gruppo di lavoro, il dott. Downing procede a spiegare l’organizzazione delle giornate. Prima si lavorerà con bambini di età compresa tra zero e sei anni, poi con quelli di età scolare e poi ancora con adolescenti.
In generale, nei problemi di comportamento la ricerca si è focalizzata sulla capacità dei genitori di mettere i limiti ai figli. Noi ci chiediamo anche perché alcuni bambini sono molto problematici rispetto ad altri. A tal riguardo ci avvaliamo, tra le altre cose, del concetto di “processo coercitivo” (iniziato a studiare negli anni ’70). Come ad esempio spiega G. Petterson, supponiamo di vedere un bambino piccolo (2-4 anni) che ha delle difficoltà e la madre cerca di mettere un limite al bambino (non fare questo, fai questo). Se entrambe strillano, i toni si alterano, c’è un’ escalation di tensione in cui il bambino continua a strillare e la madre dice “non ce la faccio più” e va in cucina a cucinare. Così avviene un apprendimento per entrambe: il bambino apprende che se strilla vince mentre la madre si stressa, sta in tensione e se rinuncia si sente sollevata. La madre, con questo atteggiamento, sistematicamente forma il suo bambino a fare questo e il bambino vince. A livello non conscio c’è un processo di apprendimento rinforzato dall’atteggiamento della madre.
Secondo Bowlby i problemi di rabbia sono riconducibili a problemi di attaccamento perché nel primo anno di età c’è stata una mancanza di nutrimento affettivo nell’attaccamento, contatto positivo. Il bambino sente questo e prova rabbia e amarezza diffuse, non focalizzate, che lo rendono vulnerabile.
Dal punto di vista clinico generale si può dire che quando si lavora con famiglie con bambini col problema di disturbi del comportamento, dopo un po’ di tempo emergono problemi di contatto emotivo.
Un’altra idea è che una delle funzioni dei problemi di comportamento è un modo per ottenere più attenzione. Sappiamo che nei primi mesi di vita il bambino tende a cercare coi genitori un contatto contingente in cui ci sia sintonizzazione emotiva. E’ possibile che un bambino che ha ricevuto poco di questi contatti positivi provi a ottenerli facendo qualche comportamento negativo.
Con l’aiuto dei video si riesce a vedere molto bene se i genitori mettono regole e limiti precisi, in che modo cercano di farlo e poi capire come possiamo aiutarli. Oltre ciò è interessante pensare quali sono per i bambini gli scopi che li portano a fare quel comportamento. Si devono osservare le capacità verbali dei bambini e se i genitori sopravvalutano le capacità dei figli.
Passiamo alla visione di un video portato da un partecipante che riprende una coppia che ha adottato due fratelli rispettivamente di 2 anni e mezzo e di 4 anni e mezzo. Sono figli di una prostituta che faceva uso di stupefacenti e alcool. Il bambino più grande ha problemi di salute. Sono genitori molto motivati a prendersi cura dei bambini e attenti e probabilmente il lavoro dovrà incentrarsi anche sulle loro aspettative. Chiedono aiuto perché il bambino più grande mostra atteggiamenti oppositivi e ha difficoltà ad entrare in contatto emotivo e fisico, non ascolta ciò che gli si dice e continua a fare ciò che vuole. Prima di addormentarsi spesso inizia a piangere. Sullo sfondo bisogna tenere presente che i bambini adottati hanno problemi di linguaggio e non sono capaci di gestire troppi stimoli sensoriali.
I disturbi del comportamento sono di due tipi:
- Ciò che non devono fare ( non attraversare la strada, non toccare i fornelli ecc.);
- Il bambino dovrebbe seguire una sequenza di passi e non lo fa (prepararsi per andare a scuola, pulire la stanza ecc.).
Nei casi di adozione il comportamento del bambino è buono all’inizio perché per lui è tutto nuovo ma i problemi iniziano dopo i 2-3 mesi.
Nei disturbi del comportamento è importante dare conferme positive. Per i bambini è importante imparare la regolazione del Sé, come regolare la rabbia ecc. e per i genitori è importante tener presente il temperamento del bambino.
Nel video si evince che i genitori non colgono gli imput dei bambini e non danno loro dei feedback . Inoltre il bambino più grande sembra avere bisogno di tenere sotto controllo l’ambiente, diventa sregolato quando ha la sensazione di perdere il controllo e tende ad opporsi all’altro. In questo caso, i genitori dovrebbero aumentare i feedback sui comportamenti positivi e ridurre quelli sui comportamenti negativi del bambino. Dal video si può vedere che la madre sembra avere un’ansia eccessiva di perfezionamento che la porta a correggere troppo i bambini. Il padre tende a iniziare una conversazione molto più della moglie. Il bambino più piccolo sembra avere delle buone capacità comunicative e riesce ad assorbire l’aggressività della madre. Il bambino deve imparare che anche gli altri hanno i propri impulsi, programmi e desideri. E’ difficile mettere insieme i propri desideri con quelli degli altri. Si tratta di intenti.
Fagel è un ricercatore che ha lavorato molto sulle capacità interattive tra bambino e adulto e sulle capacità di aver presente la mente dell’altro quando si parla.
Ogni relazione è un sistema dinamico che ha sempre variazioni nel modo in cui si manifesta. Il video riprende un momento di un giorno, di un’ ora e bisogna quindi chiedere ai pazienti se questo schema ripreso che osserviamo è tipico o meno nella loro quotidianità.
Downing fa una separazione tra video esterno che è quello che noi vediamo e video interno che è l’esperienza soggettiva di ciascuna persona e questo non lo vediamo ma lo possiamo esplorare in terapia chiedendo ad esempio al paziente di immaginare di essere nel momento del video e di dirci cosa pensa e sente di ciò che sta vedendo.
I genitori ripresi nel video dovrebbero imparare ad usare il linguaggio descrittivo anche per descrivere al bambino ciò che loro stanno facendo. Con un bambino piccolo è importante che i genitori siano attenti a cercare di capire quando e su cosa mettere i limiti. E’ infatti necessario mettere i limiti su cose ritenute davvero importanti e non su tutto. I genitori tendono a volte ad imporre le proprie idee ma bisogna stare attenti a non farlo in modo eccessivo.
Non si fa mai la diagnosi a partire da un solo video ma questo ci può aiutare nel lavoro terapeutico.
In generale si può dire che coi bambini piccoli il lavoro sui limiti riguarda:
- L’ATTENZIONE SELETTIVA cioè la capacità genitoriale di stare attenti su dove porre i limiti, fare un uso selettivo dei comandi;
- DISTRAZIONE;
- DARE ISTRUZIONI EFFICACI;
- COME DETERMINARE SE IL BAMBINO HA CAPITO;
- COSA FARE SE IL BAMBINO HA OBBEDITO;
- COSA FARE SE IL BAMBINO NON HA OBBEDITO.
Secondo Giorno
Durante questo incontro si parlerà più nello specifico dei problemi di comportamento.
Rispetto all’“attenzione selettiva” il docente ritiene che bisogna fare un uso molto specifico dei comandi. L’idea di Downing è di ridurre molto questo uso perché di solito si danno troppi comandi col rischio che diventino meno salienti per il bambino.
Quando ci sono dei problemi di comportamento bisogna aiutare i genitori a comprendere cosa succede quando si dà un comando e come darlo nel modo giusto.
L’idea è quella di aumentare il numero di lodi e diminuire i comandi. Nei bambini piccoli è importante dare molte lodi, a loro piace molto riceverle. I comandi sono uno dei modi più naturali per controllare e ai genitori risulta difficile diminuirli. In questi casi si può ricorrere non solo alla verbalizzazione ma anche a qualche tecnica strategica.
Con bambini di 5-6 anni si può utilizzare la lode specifica o lode con etichetta cioè specificare e ripetere per cosa il bambino è bravo, dicendo ad esempio: ”Bravo per aver messo questo oggetto sulla tavola!” e non semplicemente “Bravo”.
Per gli adolescenti invece la lode deve essere meno frequente e si possono utilizzare frasi brevi: ” ah ok!” o dare approvazioni con lo sguardo perché, a livello cognitivo, sono in grado di capire.
Ai bambini piccoli o con disturbi di comportamento vanno dati più rinforzi perché il bambino così può sentire che se fa certi comportamenti si trova in un’atmosfera positiva, in cui sta bene e viene apprezzato e tenderà a ripeterli spontaneamente.
Dopo una breve pausa Downing ha svolto una seduta con i pazienti del video portato il primo giorno da un partecipante al corso.
Dopo una breve pausa abbiamo supervisionato un video portato da un partecipante al corso riguardante una interazione tra due sorelle, una di 10 anni e la più piccola di 4 anni a cui è stata diagnosticata una microcefalia ( dimensione cranica inferiore al 3% rispetto alla media) che può comportare un ritardo cognitivo. I genitori sono separati e il video è stato svolto dal padre delle piccole. Nel caso di deficit cognitivi è importante che gli adulti usino, anche nel gioco, il proprio corpo in modo chiaro e semplifichino quanto più possibile i comandi e le istruzioni limitandosi a quelli che il bambino può davvero comprendere e utilizzare. Una categoria che Downing usa a tal riguardo è quella dell’organizzazione del tempo.
Terzo Giorno
Durante quest’ultimo incontro il docente ha iniziato parlando di come dare i comandi.
- I comandi possono essere di due tipi: diretti (ad esempio: per favore metti questo sulla tavola?) oppure indiretti (ad esempio: andrebbe bene per te mettere questo sulla tavola?).
- Inoltre i comandi possono contenere una sola informazione (ad esempio: metti questo oggetto sul tavolo) o più informazioni (ad esempio: metti questo oggetto sul tavolo e poi va di là a pulire la tovaglia e portala qui). Più i bambini sono piccoli più hanno bisogno di comandi singoli, step by step.
- E’ importante usare una forma positiva (ad esempio: lascia il cibo nel piatto, mangia bene) piuttosto che la formula negativa (ad esempio: non gettare il cibo per terra).
- Se il comando è fatto in modo semplice, limitato, contenuto, non c’è più l’effetto negativo. Anche se non è facile per i genitori parlare in questo modo è però molto importante che lo facciano. Anche il contatto visivo è molto importante così che il bambino possa comprendere ancora meglio le intenzioni del genitore.
- Il comando deve essere gentile e cortese, si può utilizzare anche il “per favore”.
- Il comando deve essere adeguato all’età del bambino.
- Anche il linguaggio utilizzato nel dare i comandi deve essere adeguato al livello linguistico e al livello di comprensione del bambino.
- In alcuni contesti è importante usare anche i gesti per accompagnare il comando e renderlo più saliente.
- Quando si dà un comando bisognerebbe offrire sempre una alternativa (Esempio: vai a giocare o vieni vicino a me).
- Al bambino le spiegazioni vanno date prima del comando.
Abbiamo supervisionato un video portato da un partecipante che riprende una interazione tra padre, madre e bambina adottata che ha 2 anni e 6 mesi.
Tra le varie cose osservate ciò che è molto interessante è vedere questi genitori molto rilassati e aperti. Non fanno un gioco strutturato e questa qualità rilassata è molto preziosa soprattutto nel caso delle adozioni in quanto i genitori adottivi sono spesso tesi. Il padre ha modi molto naturali di dare segnali alla bambina, riesce a darle attenzione. Entrambi i genitori sono capaci di parlare tra loro. La bambina è un po’ iper-controllante, ha bisogno di tenere l’ambiente sotto controllo e forse questo lo ha imparato in istituto. La madre tende ad entrare nella relazione padre- bambina in modo improvviso e intrusivo e questo potrebbe creare dei problemi nel rapporto suo con la bambina. I genitori sanno giocare come una squadra anche se tendono a parlare contemporaneamente con la bambina e usano poco il linguaggio descrittivo. Ciò che notiamo, più che un gioco è una collaborazione: la bambina offre del caffè ai genitori e loro la aiutano in questo. La collaborazione è un processo che inizia a 14 mesi e che emerge in modo chiaro a 2 anni di età. Questi genitori rinforzano la bambina alla dimensione della collaborazione. Inoltre notiamo che tra genitori e figlia esiste una buona connessione emotiva ed una buona capacità collaborativa.
Riprendendo ciò che abbiamo visto fino ad ora si può schematizzare che: per quanto riguarda i comandi, bisogna darli in un certo modo e nel follow up verificare se il bambino ha obbedito o meno ai nostri comandi. Se il bambino fa ciò che vogliamo si possono dare delle lodi altrimenti si aspetta 10-15 secondi e si ripete il comando aggiungendo le conseguenze che avrà se non farà ciò che vogliamo. I genitori devono avere una cornice di riferimento e delle regole fondamentali da proporre ai bambini.
Se il bambino non ubbidisce si possono usare delle strategie come metterlo in time- out cioè a sedere per un numero di minuti pari all’età del bambino (5 anni 5 minuti). Se non funziona gli si può vietare di guardare la TV ecc.
Ci sono dei casi in cui il bambino non fa ciò che gli viene detto ma comunque fa una cosa buona. Allora il genitore deve dirgli: ”vedo che hai fatto questo ma adesso fai ciò che ti avevo chiesto”.
Se il bambino fa solo una parte del compito che gli è stato chiesto bisogna dirgli: “ Bene ma ora finisci il compito”.
In altri casi il bambino può fare il compito ma in modo scocciato. Questo atteggiamento va ignorato e alla fine bisogna comunque dirgli grazie per aver fatto il compito richiestogli.
Quando il bambino fa una cosa e poi la disfa, ad esempio mette il bicchiere sul tavolo e poi lo toglie, bisogna lodarlo e poi ripetergli il comando.
A volte il bambino fa di più di quanto richiesto. Può essere un segno di ansia ma lo accettiamo.
Oltre alle regole, ai comandi, punizioni, lodi si deve lavorare, nei problemi di comportamento, con le emozioni. L’ipotesi è che per i bambini è importante parlare delle emozioni perché li aiuta a capire che ci possono essere stati negativi dovuti all’emergere di più emozioni. Bisogna inoltre raccomandare i genitori di fare attività che sviluppino la collaborazione (esempio: mi aiuteresti ad apparecchiare?). Si possono aiutare i genitori a diventare creativi nello sviluppare la collaborazione ad esempio utilizzando anche il gioco.
In gruppo abbiamo visionato un ultimo video portato da un partecipante che riprende l’interazione madre-bambina mentre giocano a scuola con i lego. La madre ha origini marocchine e la bambina, di tre anni, è nata in Italia.
Dal video emerge che madre e figlia hanno una buona capacità di attenzione condivisa, collaborano e usano poco il linguaggio verbale. E’ importante che si abbia la consapevolezza che l’altro sia presente, condivide il piacere di ciò che si sta facendo insieme e ci si può scambiare sguardi per avere e dare informazioni.
La mamma del video parla poco anche se scambia molti sguardi e sorrisi; tra le due c’è collaborazione ma manca il linguaggio descrittivo. Quando si osservano video o momenti di gioco di costruzione si deve osservare se figlio-genitore collaborano per costruire qualcosa, se il linguaggio è sul “noi” o se costruiscono qualcosa parallelamente ma scambiandosi comunicazioni o non lo fanno. Le buone diadi perdono la sintonizzazione, poi ritornano, poi la perdono e poi la riprendono. Le diadi che funzionano male invece non hanno capacità di riparazione.
Per quanto riguarda i bambini più grandi e gli adolescenti in generale è meglio fare un uso selettivo dei comandi. Non vanno date troppe conferme perché sanno già il significato delle cose. Bisogna aiutare i genitori di figli adolescenti ad utilizzare il linguaggio emozionale. Il comando con questi ragazzi non deve essere troppo preciso ed esatto e bisogna negoziare le regole. In fine possiamo dire che con gli adolescenti il monitoraggio, il bisogno di negoziazione e il livello di spiegazione- discussione sono elementi molto importanti.