Viviamo in un’epoca caratterizzata da confini ‘liquidi’[1] all’interno della quale emerge la centralità del soggetto nel rapporto individuo-ambiente[2]. Nell’odierna società cosmopolita, i ruoli tra uomini e donne tendono alla parità e i legami dei nuclei familiari sono influenzati dalle contaminazioni culturali intercontinentali ed interreligiose e quindi sottoposti ad una continua evoluzione. Partendo da questo sfondo sociale, oggi si parla di ‘padre-coinvolto’ o ‘padre relazionale’[3] che cerca un rapporto diretto col proprio bambino fin dalla gravidanza della compagna. Negli ultimi decenni, il padre, per entrare in contatto col mondo dei figli, ha assunto il ruolo di ‘mammo’ provando cioè a imitare il modello materno senza riuscire a trovare una propria identità. Oggi si può distinguere l’essere padre, riferito a un mutamento di status, dal sentirsi padre, che rinvia ad una percezione di sé più collegata alle proprie emozioni. Ma, anche se più presente, la figura del padre è ancora ritenuta secondaria rispetto alla madre, sia a lavello normativo che nella cura dei figli. Per Stern[4], il nuovo padre tende ad una materializzazione che lo vede come un sostituto materno, fallito e inadeguato. Il ruolo del padre è reso ancora più complesso nel caso di separazioni, all’interno delle famiglie allargate o composte da genitori dello stesso sesso. La mancanza di differenziazione nelle coppie, dunque l’impossibilità di poter esprimere la propria funzione genitoriale nel momento delle separazioni, può generare crisi di identità nell’uomo che possono esplodere in conflittualità anche brutali. Il padre oggi risponde alla società e può essere giudicato dai figli (novità storica), che non lo rispettano se non ha ricevuto un riconoscimento anche dalla comunità. Nella società moderna, lontana dal rispetto dei simboli e dei riti, la paternità ha lasciato spazio a una più attuale figura complementare del padre naturale, il ‘papi’ (nome con cui le ragazze, le ‘papi-girls’, si rivolgono al loro seduttore), un uomo di potere e di successo che incarna per intero gli stereotipi dei modelli culturali della società di massa. La relazione tra ‘papi’ e ‘papi-girls’ si basa su uno scambio tacito di reciproci interessi che si traducono, per la ragazza, in scambio di favori sessuali. Questa fittizia “adozione” esibisce un vuoto esistenziale di angosciante solitudine e senile
depressione, evidenziando che ciò che resta del padre nell’epoca del suo dissolvimento, come afferma Recalcati[5], sia solo una versione cinico-materialistica del godimento, mettendo in scena la parodia di Eros che gioca l’ultima partita con Thanatos.
Lo studio della paternità, di come l’uomo affronta la gravidanza, la nascita e la crescita psicofisica del figlio e il futuro ruolo che si troverà ad assumere sono affrontati da non molto tempo. Tutte le ricerche, prima del geniale lavoro svolto da Fivaz-Depeursinge e da Corboz-Warnery[6], erano incentrate sullo studio della famiglia analizzata a partire però dalle diadi e dalle relazioni ‘faccia a faccia’ tra madre e bambino e, in misura minore, tra padre e bambino. Con la teoria proposta dalle due autrici si è aperto un nuovo filone di ricerche che pone le basi per un modello che delinea lo sviluppo della triangolazione, già a partire dai primi mesi di vita. La competenza triangolare del bambino è la capacità d’interagire con i due genitori nello stesso tempo e nelle configurazioni di bambino-padre, bambino-madre e bambino-padre-madre insieme. Le autrici hanno individuato quattro tipi di alleanze familiari: cooperative e in tensione (‘sufficientemente buone’), collusive e disturbate (conflittuali)[7]. Una recente ricerca dell’Università di Oxford[8] ha preso in esame famiglie che vivono nel sud-ovest dell’Inghilterra. Ai genitori di 10.440 bambini è stato chiesto di compilare il Strengths and Difficulties Questionnaire (SDQ) per capire se i figli fossero equilibrati. I bambini sono stati esaminati dai primi mesi di vita e a 6.328 di loro sono state fatte interviste fino agli 11 anni di età. Ciò che è emerso da questa ricerca longitudinale è che i padri che si sentivano sicuri nel rapporto coi figli e realizzati nel ruolo genitoriale avevano figli più equilibrati. Questi ragazzi hanno il 28% in meno di probabilità di avere problemi comportamentali nella pre-adolescenza. Il padre ha un ruolo importante nello sviluppo emotivo della prole: il suo coinvolgimento nell’accudimento dei figli e nella condivisione con la madre della gestione dell’ambiente familiare fa sì che oltre alle capacità cognitive si sviluppino in loro quelle di empatia e di autocontrollo e diminuiscano sia l’impatto di problemi come la depressione materna sia gli stereotipi legati al genere. Per gli autori della sopracitata ricerca, la connessione e la risposta emotiva rendono il padre determinante nello sviluppo dei figli. Molti ricercatori concordano nell’affermare che i figli di padri che hanno fornito loro cure adeguate posseggono un maggiore sviluppo cognitivo rispetto a figli di padri meno coinvolti nel processo di accudimento. Un bambino, le cui figure parentali sono entrambe presenti e offrono differenti stimoli ed opportunità, è probabile che impari ad interagire in modo più adeguato con persone che possiedono diversi stili comportamentali e a sviluppare meglio le sue capacità relazionali. Il ruolo psicologico del padre è di fornire protezione, infondere fiducia e sicurezza, saper contenere ed esercitare un ruolo normativo e strutturante. Egli è indispensabile per consentire lo svincolo adolescenziale attraverso il porre e garantire le regole. «Il padre potrebbe avere una ‘funzione di protezione’ rispetto alla qualità del legame di attaccamento del bambino con la sua figura di attaccamento principale. Una interpretazione del ruolo del padre, questa, che lo vede, secondo un modello che potremmo definire ‘compensativo’, come fattore che interrompe la traiettoria del rischio costituito da un eventuale stile caregiving da parte della madre distorto o carente»[9]. In questa prospettiva, ciascuna diade relazionale può essere influenzata e influenzare l’altra e inoltre le caratteristiche di ciascun partner condizionano anche le relazioni in cui non è direttamente coinvolto.
Nell’ambito della Gestalt Therapy c’è un rinnovato interesse per la psicologia dell’età evolutiva, utile anche per comprendere meglio la psicopatologia. La prima intuizione di Laura e Fritz Perls[10], riguardante la nascita dei denti e l’aggressione dentale, insita nella masticazione, viste come caratteristiche positive per lo sviluppo in quanto permettono di sgretolare il cibo per poterlo poi assimilare, è stata ampliata dai recenti lavori di Salonia e di Righetti. La GT vede nello sviluppo infantile l’organizzazione e la maturazione della capacità di entrare in contatto in modo sano con l’ambiente. Il contatto è un evento specifico nel quale O. e A. si incontrano e ciò avviene in un luogo ben preciso chiamato ‘confine di contatto’. Gli assunti fondamentali su cui si basa la teoria evolutiva in GT sono i seguenti:
− la teoria evolutiva è una teoria del Sé;
− i modelli relazionali che si evolvono sono schemi dell’‘esser-ci-tra’ e tengono in considerazione i vissuti relazionali, esperienziali e corporei tra il bambino e i caregivers;
− come prima modalità di contatto si ha la confluenza primaria in cui madre e bambino vivono l’esperienza di una presenza costante l’uno dell’altro;
− la teoria evolutiva è da intendersi come l’evolversi di una relazione attraverso modalità di contatto sempre più integrate che portano al contatto pieno;
− se il caregiver non offre un sostegno adeguato, il bambino può restare bloccato in una fase e non arriverà ad avere un’adeguata competenza al contatto pieno.
Salonia è il primo autore, in GT, ad aver proposto una mappa evolutiva dello sviluppo del bambino da 0 a 3 anni[11]. Egli ritiene che la crescita avvenga attraverso l’evolversi di modalità relazionali (confluenza primaria, introiezione, proiezione, retroflessione e contatto pieno). Queste modalità di contatto, nel contesto dello sviluppo infantile, vanno viste come fasi di un cammino evolutivo di maturazione e di preparazione al contatto: acquistano una loro sequenzialità, una loro funzione e un’intrinseca positività.
Salonia propone un nuovo paradigma teorico che, superando la concezione edipica classica di freudiana memoria e quella lacaniana in cui è il terzo, il padre, a mettere ordine negli affetti, sposta l’interesse all’‘autoregolazione della relazione’ della coppia genitoriale. «Stare dentro la relazione significa che nella natura della relazione triangolare (genitori-figli) è inscritto che il figlio pervenga alla propria identità e integrità ricevendo il sostegno del legame dell’appartenenza (codice materno) e di quello della differenziazione (codice paterno)»[12]. È l’assenza del rapporto tra madre e padre che rende perverso il rapporto genitoriale col figlio. Salonia[13] rielabora in termini gestaltici il concetto di intercorporeità[14]. In questa nuova visione, il corpo diventa figura chiara che permette di leggere e spiegare il caleidoscopio di relazioni interpersonali attraverso la lente dell’intercorporeità, intesa come tra-corporeità, cioè la relazione che avviene tra i corpi. La lettura dei processi relazionali da intrapsichica diviene intercorporea. «Questa prospettiva offre un’integrazione ‘incarnata’ tra la teoria del Sé e quella del ciclo di contatto, il corpo produce i pensieri di identità e di relazione. L’interazione corporea rappresenta la matrice di sviluppo, di contatto e di stili relazionali a partire dalle relazioni primarie originarie, quando il linguaggio è in fase di strutturazione. Il bambino, attraverso esperienze specifiche (quali l’essere toccato, il toccare, l’essere riconosciuto nelle esperienze corporee) sviluppa un senso intimo delle varie parti del corpo (e del corpo nel suo insieme) differente e non sovrapponibile con le parti (e il corpo) reali. Questa propriocezione del corpo forma lo ‘schema corporeo implicito’, che, visibile nel corpo reale, è connesso con lo stile respiratorio. L’interruzione di un processo corporeo relazionale (andare verso l’altro) si traduce in un cortocircuito della respirazione»[15]. Utilizzando questa teoria anche nell’ambito della GTF possiamo dire che la famiglia e il corpo sono le due matrici dell’identità. La visione gestaltica focalizza l’interesse sui ‘vissuti corporei relazionali dei coniugi’[16] e sulla cogenitorialità come occasione di crescita reciproca. La funzione evolutiva è quella di far fronte al caos generato dal terzo. «Appartenenze sicure e individualità piene dei figli vengono sempre e comunque co-costruite dalla coppia genitoriale; i vissuti che intercorrono tra i genitori, infatti, non solo determinano la qualità della relazione ma influenzano anche la crescita dei figli»[17].
La teoria evolutiva proposta da Righetti[18] ha evidenziato come si possa parlare di un Sé precoce già a partire dal periodo prenatale. L’autore, riconoscendo al feto capacità e competenze nell’elaborare in modo creativo gli stimoli provenienti dall’esterno e dare delle risposte elaborate in uscita, gli riconosce una sua propria identità biologica, psicologica, emotiva e una capacità di entrare in contatto già a partire dalla 20esima settimana di gestazione. Secondo tale ottica, il periodo della gestazione è un primo pezzo dell’esperienza umana fondamentale per lo sviluppo fisico, biologico e per la nascita e lo sviluppo dell’esperienza, del Sé. Righetti quindi utilizza tale chiave di lettura per analizzare lo sviluppo infantile da 0 a 3 anni perché ritiene che i primi 3 anni di vita siano i più significativi e basilari per lo sviluppo successivo.
Riportiamo brevemente un nostro lavoro svolto nel 2007[19] in cui, avvalendoci dell’uso del video, abbiamo ripreso delle interazioni di una coppia genitoriale con il loro primo bambino di quattro mesi in tre momenti di vita familiare. Per la lettura del video abbiamo utilizzato la griglia della tecnica V.I.T. di Downing[20], in quanto riteniamo che i fattori che questa prende in esame siano comuni ai principi di lettura fenomenologica della GT. Dall’analisi dei video possiamo trarre alcune considerazioni:
− il bambino da noi ripreso si trova in quella che Righetti chiama fase dei contatti precoci che va da 0 a 6 mesi, durante la quale ha una certa autonomia che lo porta a contattare l’ambiente attraverso le sensazioni corporee;
− questa famiglia sembra essere competente nell’alternarsi nel linguaggio, dandosi i turni e non sovrapponendosi gli uni agli altri. Questa modalità di relazionarsi offre chiarezza al bambino e dà le basi per il rispetto reciproco;− i genitori sono competenti nel sostenere l’esplorazione e la curiosità del figlio, elementi importanti per aiutare il bambino a differenziarsi e diventare autonomo. Il padre, in particolare, sembra dare un giusto sostegno all’azione del figlio. Presupponiamo che questo tipo di modalità sia alla base di quella possibilità di contatto di cui parla Righetti e che si esplica tra i 6 e i 9 mesi: il gioco. In genere questa attività coinvolge soprattutto il padre. Il gioco è considerato la forma più pura di comunicazione affettiva volontaria all’interno del triangolo primario madre/padre/bambino e quindi una delle più ‘interessanti’ forme di contatto A./bambino e A./genitori;
− il padre, quando il bambino cerca di mettere i calzini in bocca per ‘assaggiarli’, gli offre un buon sostegno oltre che per l’esplorazione dell’ambiente anche per quella capacità di aggressione dentaria che si amplierà nei mesi successivi;
− i genitori nel rivolgersi al figlio usano il plurale “noi”. Questo tipo di linguaggio ci rimanda a quella che Salonia chiama fase della confluenza primaria, in cui non c’è differenziazione tra O. e A., esiste solo un Noi e, in questa fase dello sviluppo infantile, essa è fondamentale per fornire il contenimento e permettere «ai vissuti del bambino di ancorarsi, senza smarrirsi in un amalgama caotico, confuso e inconsapevole»[21];
− la madre usa il linguaggio descrittivo: dà al bambino la possibilità di non sentirsi invaso dai gesti del genitore e così gli spiega ciò che sta facendo o farà sul suo corpo;
− rispetto alle interazioni duali, in cui il bambino è solo col padre e si dimena col corpo, notiamo che, in presenza anche della madre, il piccolo si placa. Il tono della voce è più calmo, i movimenti corporei e il respiro diminuiscono e sembra seguire più attentamente ciò che sta succedendo attorno. Il modo in cui il padre, nei primi secondi del video, tiene in braccio il bambino è poco contenitivo, lo sostiene con le mani in una sorta di equilibrio instabile che spesso vede il corpo del figlio sbilanciarsi. Il bambino, non sentendosi contenuto fisicamente, si dimena. Anche la parola è corpo in quanto viene dal corpo e infatti, in questi momenti iniziali dell’interazione, i movimenti rapidi e repentini del bambino sono accompagnati da suoi forti vocalizzi. Inoltre, manca il contatto visivo faccia a faccia che è molto importante per lo sviluppo sia perché offre il contenimento e garantisce il rispecchiamento, sia perché è alla base dello sviluppo sociale e cognitivo. Quando il bambino è sostenuto da un genitore alle spalle, mentre l’altro di fronte gli offre un contatto visivo, ha la possibilità di esplorare l’ambiente. L’importanza del triangolo è data dal fatto che sullo sfondo c’è il terzo, il genitore che sostiene l’esplorazione e aiuta il bambino a scoprire nuove forme di interazioni;
− notiamo anche, in linea coi principi dell’intercorporeità, che il corpo del padre (la sua postura, i suoi movimenti, il ritmo del suo respiro) è più rassicurato quando è in presenza del corpo della moglie e quindi il suo corpo è più rassicurante anche per il bambino;
− attraverso l’analisi dell’interazione faccia a faccia del bambino col padre, abbiamo potuto osservare che non solo il genitore è attivo nello scambio visivo ma anche il bambino compie le interazioni dando ad esse un inizio e una fine. Attraverso gli scambi intercorporei possiamo vedere il ruolo attivo del bambino e osservare come i due partner in interazione sintonizzino le loro espressioni facciali, a conferma che, come sottolineato dalla ricerca dei neuronimirror[22], nel corso del nostro sviluppo cognitivo, impariamo a comprendere il comportamento altrui attribuendo stati mentali. La buona intenzionalità di contatto la possiamo vedere nella capacità della mamma di sostenere il figlio nello stare col padre che fa un buon gioco di rispecchiamento. È attraverso lo sguardo, la voce, il respiro e il contatto con le mani che padre e figlio arrivano ad incontrarsi con tutti i ‘sensi’.
In conclusione e in accordo con quanto sostenuto da Salonia, crediamo che non si possa parlare di una competenza paterna senza far riferimento alla coppia genitoriale. Ciò che emerge dall’analisi dei video è l’importanza del triangolo primario, il fatto che sullo sfondo ci sia il ‘corpo’ del terzo, il padre, che sostiene l’esplorazione e rende possibile la scoperta di nuove forme di contatti. Il campo specifico del padre è quello di promuovere la differenziazione, è il ‘terzo’ della relazione. Insieme al padre nasce la capacità di progetto mentale che è quella dello sviluppo dei propri potenziali. La differenziazione è l’iniziazione del figlio nella società complessa di oggi. La funzione del padre moderno è dunque quella di promuovere le specificità del figlio.
Da quanto analizzato fino ad ora si può dedurre che la psicologia dello sviluppo infantile è una disciplina in continua evoluzione e che, nel quadro della GT, partendo da un prosperoso sfondo teorico, c’è bisogno di costruire nuove figure concettuali di riferimento. Crediamo che l’integrazione con tecniche video possa offrire un contributo allo sviluppo delle teorie evolutive e dare ulteriore sostegno e conferma agli assunti teorici già presenti nella teoria evolutiva gestaltica.
[1] Cfr. Z. Bauman (2006), Vita liquida, Laterza, Roma.
[2] G. Salonia (2017), Danza delle sedie e danza dei pronomi. Terapia gestaltica familiare, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 13.
[3] Cfr. P. Castellani, N.G. De Toma (1989), Padri e Padri. Intervista a V. Cigoli, C. Pontalti e A.M. Nicolò, in «Terapia Familiare Notizie», 10/11, 7-18. Cit. in G. Badolato (1993), Identità paterna e relazione di coppia: trasformazione dei ruoli genitoriali, Giuffrè, Milano.
[4] D.N. Stern (1995) (ed. or. 1994), La costellazione materna, Bollati Boringhieri, Torino.
[5] Cfr. M. Recalcati (2011), Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, Raffaello Cortina, Milano.
[6] Cfr. E. Fivaz-Depeursinge, A. Corboz-Warnery (2000), Il triangolo primario, Raffaello Cortina, Milano.
[7] Cfr. ivi, 50.
[8] Cfr. C. Opondo et alii (2016), Father involvement in early child-rearing and behavioural outcomes in their pre-adolescent children: evidence from the ALSPAC UK birth cohort, volume 6 (11). http//dx.doi.org/10.1136/bmjopen-2016-012034.
[9] G. Attili (2001), Il padre come contesto di attaccamento nello sviluppo del bambino, in M. Andolfi (a cura di), Il padre ritrovato, Franco Angeli, Milano, 41-57, 48.
[10] Cfr. F. Perls (1995) (ed. or. 1942), L’io, la fame, l’aggressività, Franco Angeli, Milano.
[11] Cfr. G. Salonia (1989b), Tempi e modi di contatto, in «Quaderni di Gestalt», V, 8/9, 55-64.
[12] Id. (2005), Il lungo viaggio di Edipo: dalla legge del padre alla verità della relazione, in P. Argentino (ed.), Tragedie greche e psicopatologia, Medicalink publishers, Siracusa, 43.
[13] Cfr. Id. (2008), La Psicoterapia della Gestalt e il lavoro sul corpo. Per una rilettura del fitness, in S. Vero, Il corpo disabitato. Semiologia, fenomenologia e psicopatologia del fitness, Franco Angeli, Milano, 51-71.
[14] Cfr. M. Merleau-Ponty (1979), Il corpo vissuto, Il Saggiatore, Milano.
[15] E. Savino, Intercorporeità, in Glossario FISIG, in press.
[16] Cfr. A. Merenda (ed.) (2017), Genitori con. Modelli di coparenting attuali e corpi familiari in Gestalt Therapy, Cittadella, Assisi, 116.
[17] Ivi, 144.
[18] Cfr. P.L. Righetti (2007), Ogni bambino merita un romanzo, Carocci Faber, Roma.
[19] Cfr. E. Savino (2011), Fenomenologia di un’interazione: la confluenza primaria triadica e il ruolo del padre nello sviluppo infantile. Principi di psicoterapia della Gestalt in video, Tesi di specializzazione.
[20] Cfr. G. Downing (2010), La video microanalisi nella terapia della coppia madre-bambino, in «Ricerca Psicoanalitica», 1, XXI, 9-18.
[21] G. Salonia (1989a), Dal noi all’Io-Tu: contributo per una teoria evolutiva del contatto, in «Quaderni di Gestalt», V, 8/9, 45-53, 49.
[22] Cfr. M. Iacoboni (2008), I neuroni a specchio. Come capiamo ciò che fanno gli altri, Bollati Boringhieri, Torino.
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