Relazione sul corso di formazione in Video Intervention Therapy svoltosi a Roma nei giorni 16-17-18 Giugno 2011, condotto dal dott. George Downing, sul tema: “Il continuum dei disordini autistici e la Video Intervention Therapy"
Relazione sui risultati complessivi della verifica
Il programma del corso di formazione è stato orientato sull’integrazione di teoria e pratica, attraverso la visione di video di casi clinici che sono stati osservati e analizzati con discussioni in gruppo, in piccoli gruppi, con role play e simulate. Nel lavoro col video un principio importante, da tenere in considerazione, è che non tutti vedono tutto e le stesse cose. E’ per questo che la suddivisione in piccoli gruppi ha arricchito il lavoro delle giornate di formazione offrendo ai partecipanti un utile caleidoscopio di considerazioni formative. A tutti i partecipanti è stata consegnata una bibliografia di riferimento per consentire un approfondimento dei temi trattati durante il corso.
Nello specifico, la verifica dell’apprendimento dell’evento è stata effettuata, oltre che dall’analisi del questionario compilato dai partecipanti, anche attraverso la discussione di casi clinici portati dai partecipanti medesimi. I partecipanti sono stati spesso suddivisi, dopo la visione dei video, in piccoli gruppi di lavoro all’interno dei quali è avvenuta la discussione. Successivamente i risultati del lavoro di gruppo sono stati riportati e discussi con tutti i partecipanti e il docente. Tutti hanno potuto cimentarsi nella discussione e verificare la bontà o meno delle proprie ipotesi. Le riflessioni sui casi clinici sono state numerose e di grande rilevanza. Il docente G. Downing ha sempre dato il suo feedback, offrendo chiarimenti e la possibilità di fare domande su quanto trattato durante l’intero corso. Sono stati valutati positivamente i contenuti delle riflessioni e le osservazioni di ognuno e pertanto i partecipanti sono risultati tutti idonei.
Si riporta di seguito una breve descrizione delle parti più significative dell’evento.
Primo giorno
I lavori iniziano con la presentazione del docente e poi dei partecipanti.
Il docente George Downing introduce il tema della Video Intervention Therapy (VIT) precisandone alcuni dettagli generali. Il video viene usato in contesti diversi e si integra con vari modi di lavorare, ciò che resta costante è il modo in cui viene usato. Nello specifico il docente descrive sei passi da seguire per la lettura dei video con il paziente:
- Mostrare una parte del video
- Parlare di uno o più modelli positivi
- L’operatore parla di solo un modello negativo per ogni seduta col video
- Esplorazione della mentalizzazione, negoziazione, ecc.
- Tornare brevemente al comportamento e trovare un accordo su cosa fare a casa
- Sommario
G. Downing approfondisce i tre modi di lavorare con la VIT:
- Modo nominale (i passi che si prendono in esame sono 1 e 2) che è un buon modo per cominciare il lavoro col paziente perché gli offre degli stimoli di riflessione. Poi si può lasciare il video e tornare al modo abituale di lavorare;
- Modo diretto (passi 1, 2, 3, 5) che consente di lavorare in modo pratico;
- Modo aumentato, “entrante”, che comprende tutti e sei i passi.
Dopo questa breve ma precisa introduzione all’uso del video, il docente ha chiarito alcuni punti generali sull’autismo, costatando che negli ultimi vent’anni si è assistito ad un cambiamento di prospettive d’approccio all’autismo. Infatti, nel DSM 3 si parlava di “fenomeno”, di criteri di riferimento, col DSM 4 invece i criteri presi in esame per la diagnosi di autismo sono più ampi, si parla meno di categorie e più di “spettro” che ingloba molti fattori. Dal punto di vista educativo oggi si cerca di individuare i problemi che i singoli bambini hanno in ciascun campo di apprendimento.
L’autismo è considerato un problema con base genetica. Se un gemello omozigote risulta avere una diagnosi di autismo, la probabilità che anche il fratello gemello sviluppi tale patologia è del 90%. Naturalmente, oltre a questi fattori, possono intervenirne altri di tipo “ambientali” come ad esempio l’età avanzata del padre. Il nostro specifico interesse è come, attraverso la VIT, aiutare la famiglia con un bambino con diagnosi di autismo. E’ importante intervenire tempestivamente e fare una diagnosi precoce cercando di attenzionare alcuni indicatori di rischio. Il lavoro col video, con bambini autistici, va integrato con specifici programmi di trattamento. Allo scopo di avere una diagnosi precoce è necessario sensibilizzare i pediatri e osservare le interazioni precoci tra il bambino e i genitori. E’ utile inoltre fare riprese di interazioni in contesti differenti in quanto l’ambiente può influenzare i partecipanti del video.
Le difficoltà riscontrate nei pazienti affetti da autismo sono varie come ad esempio:
- Difficoltà a focalizzarsi sul globale delle informazioni percettive, mostrano maggiore attenzione al dettaglio;
- Non riescono ad integrare le rappresentazioni mentali;
- Si riscontrano problemi di identità;
- Difficoltà ad osservare un viso ( questa competenza è alla base dello sviluppo cognitivo);
- Le proprietà linguistiche sono ridotte;
- Non hanno interesse o percezione dell’altro;
- Hanno problemi di comunicazione e non sanno usare le metafore;
- Hanno problemi nel canale acustico o tattile;
- Hanno una soglia sensoriale particolare, o molto bassa o troppo alta;
- Mostrano comportamenti stereotipati.
Una delle difficoltà che si incontra nella diagnosi di spettro autistico è che alcuni bambini, anche se poi risultano non autistici, possono avere alcuni dei problemi sopra citati.
La seconda parte della giornata è stata dedicata all’osservazione e analisi di un video di un bambino di 7 anni. Downing introduce il video, portato dalla mamma del bambino, riassumendo la storia clinica di questo bimbo che ha personalmente conosciuto quando aveva circa 3 anni. All’età di 9 mesi il bambino stava bene. All’età di un anno sono iniziati i problemi tra i genitori, il bimbo era seguito da una baby sitter, si chiudeva sempre di più e vedeva molta televisione. Le sue competenze regredivano e si comportava come il personaggio del leone del film Madagascar (alcuni bambini autistici hanno competenze imitative molto sviluppate). La mamma quindi chiese aiuto a Downing e intraprese un percorso di terapia di coppia col marito e familiare anche col bambino in un istituto diagnostico di Pisa. Il video in esame riprende il bambino in compagnia di un amico mentre giocano al “nintendo”. Downing sottolinea i progressi relazionali fatti dal bambino in questi anni e osservabili attraverso il prezioso strumento del video (cerca di condividere l’attenzione, rispetta i confini fisici che l’amico gli pone, dimostra la sua felicità in modo costruttivo).
Grazie a questo video il docente schematizza i gradi di difficoltà incontrati nel lavoro col video in base alle competenze delle famiglie. Infatti, Downing ritiene che è più facile lavorare col video se i genitori e il bambino sono capaci, il lavoro risulta più difficile se i genitori sono capaci e il bambino è poco capace o viceversa ed è molto difficile lavorare col video se sia i genitori che il bambino sono poco capaci. Quando si lavora con bambini poco capaci ( con problemi genetici o relazionali) si attenziona il livello del gioco, dell’attività cognitiva e relazionale del bambino e ciò ai fini di aiutarlo e sostenerlo nello sviluppo.
Secondo giorno
Il secondo incontro inizia con la presentazione di due nuove persone e con l’intenzione di Downing di lavorare maggiormente coi video. Con l’aiuto di una specialista dei disordini autistici, si introduce il tema della diagnosi che oggi avviene sempre più precocemente (2-3 anni). A tal fine si seguono le linee guida internazionali, l’uso di test e il contributo di varie figure professionali (psicologi, neuropsichiatri, terapisti, logopedisti ecc.). I bambini vengono osservati in vari contesti (a casa, a scuola ecc.), si svolgono svariati incontri con i bambini e si cercano molte fonti di informazioni su ciascun bambino.
Le due aree di indagine per la diagnosi sono il bambino (incontri con lo psicologo e il neuropsichiatra) e i genitori (si fa l’anamnesi, si definisce il quadro comportamentale, si individua il funzionamento adattivo del bambino, si esplora la conoscenza reciproca, la situazione economica, la valutazione medica e si utilizzano i test). Per la diagnosi gli strumenti utilizzati sono l’osservazione, il gioco libero e guidato, ADOS ADI-R e il CORS.
Alla fine di questo percorso si ottiene un profilo del bambino che riguarda tre aree:
- Interazione sociale reciproca
- Comunicazione
- Interessi ristretti e stereotipati
In base a questi parametri si prescrive un trattamento specifico per ciascun bambino.
Come si può intuire dal complesso quadro delineato fin qui, oggi si tende a parlare di autismi e nel DSM 5 si parlerà di livelli di spettro autistico: lieve, medio e grave. Per Downing, partendo dalla diagnosi, bisognerebbe soffermarsi sulle parti sane e sulle potenzialità di questi pazienti. La frustrazione positiva è uno strumento utilizzato per far evolvere i bambini autistici.
L’incontro formativo prosegue con la proiezione di un video portato da una partecipante che ha lavorato con una bambina autistica di due anni e mezzo. Il video riprende un momento di gioco della bambina con la mamma e poi con la partecipante. Si è focalizzata l’attenzione al modo in cui, più il gioco era strutturato ma spontaneo, più la bambina in esame riusciva a seguirlo fino a riuscire ad acquisire il senso del darsi il turno, competenza poco sviluppata in questi pazienti.
Downing propone una griglia di lettura utilizzata per la lettura del video secondo il metodo della VIT. Ciò che si osserva maggiormente nell’analisi di un video è la connessione emozionale, l’organizzazione dello spazio (come i partecipanti utilizzano i loro corpi), l’organizzazione del tempo (darsi il turno, il ritmo), il discorso (ciò che viene detto), la collaborazione, i limiti che vengono o meno messi al bambino, l’autonomia, la negoziazione verbale (trovare compromessi, soluzioni).
Dopo questo riassunto, si è passati all’analisi di un altro video portato da una terapeuta e che riguarda un bambino di 8 anni e mezzo. La famiglia è in terapia perché il bambino a tre anni non parlava e oggi ha difficoltà relazionali con gli altri bambini. La madre è cilena ed entrambi i genitori lavorano. Il bambino è spesso con la nonna paterna. Nel video vengono ripresi il bambino e i genitori mentre sono al parco. Dopo la proiezione del video, il docente fa riunire i partecipanti in piccoli gruppi per discutere del video e analizzarlo seguendo la griglia precedentemente spiegata. Downing poi fa rivedere il video e si discute nel grande gruppo. Ciò che emerge, tra le altre cose, è un rischio di questo bambino ad essere vittima di bullismo e l’importanza delle conferme genitoriali a ciò che il bambino fa.
La seconda parte del secondo incontro inizia con la proiezione di un altro video portato da uno dei partecipanti al corso e riguarda l’interazione tra genitori e un bambino che cercano di organizzare un gioco. I genitori decidono di fare un gioco con le carte ma il bambino vuole vedere la televisione. Dopo una discussione del video in piccoli gruppi, si ritorna ad una discussione del video nel grande gruppo. Downing, prendendo spunto dal video, sottolinea l’importanza del tono della voce che, nelle situazioni di gioco, dovrebbe essere divertito. L’attenzione, nello specifico di questo video, viene data a ciò che nell’interazione tra questi componenti familiari non funziona: il padre del video non dà cornice a ciò che sta facendo, i genitori non sono chiari nell’organizzare lo spazio, hanno un problema di controllo e si sovrappongono quando parlano generando confusione nel bambino. Questi genitori dovrebbero imparare a mettere i limiti al figlio in modo costruttivo e il docente evidenzia tre passi da seguire a tale scopo: “capisco che vuoi vedere la TV”, “ora giochiamo, spegni la TV”, “quando finiamo vedi la TV”.
Downing parla di eccezione positiva che consiste nell’osservare, nel video, qualcosa di buono che viene fatto una sola volta durante l’interazione ripresa. Nello specifico questi genitori dovrebbero imparare a dare conferma (come hanno fatto una sola volta durante il video) al figlio quando fa una cosa buona. Questa famiglia è carente nell’organizzazione del tempo e dello spazio, manca connessione tra i familiari, mancano i limiti e il discorso risulta problematico. Dopo l’analisi del video segue una simulata di una seduta terapeutica tra Downing e la terapeuta che ha in cura questa famiglia.
A fine giornata, viene fatta un’altra proiezione di un video portato da un partecipante al corso. Questo video rientra in progetto teso a sostenere e aiutare famiglie disagiate e ha per attori una mamma di origini arabe mentre gioca con la sua bambina (con sospetto di autismo) all’interno di una scuola. La discussione inizia in piccoli gruppi a cui il docente chiede di soffermarsi sulle cose positive dell’interazione e su come aiutare la mamma nella relazione con la figlia. Poi si riportano le varie osservazione nel gruppo allargato. Dalla discussione emerge l’importanza nello sviluppo - e soprattutto poi con bambini autistici - del linguaggio descrittivo e di rifare con calore ciò che il bambino fa. Naturalmente, come precedentemente spiegato, la diagnosi non si fa solo col video ma questo offre comunque molte informazioni preziose.
Terzo giorno
Downing parla dell’importanza, nello sviluppo, delle interazioni faccia a faccia e cita la teoria elaborata da Tronik. E’ interessante, nel lavoro col video, o solo ascoltare una registrazione o vedere solo il video senza sonoro e poi integrare l’analisi col suono o la visione. Per un buon intervento educativo o terapeutico, attraverso il metodo della VIT, è importante analizzare non solo il livello macro ma anche micro analitico delle interazioni perché può offrire molte informazioni.
Dopo questa prima parte teorica si lavora su un video portato da una partecipante che riguarda l’interazione di una madre con la figlia di 9 anni mentre stanno preparando le bomboniere per la prima comunione. Il lavoro iniziale si svolge in piccoli gruppi e poi si riportano le osservazioni nel grande gruppo soffermando l’attenzione dei partecipanti sulle caratteristiche positive dell’interazione e sui punti di debolezza da dover approfondire in terapia con la paziente.
Dopo questo video Downing si sofferma a considerare gli ostacoli che maggiormente si hanno nel lavoro con i bambini autistici. Il docente afferma che bisogna tenere in considerazione che questi bambini hanno la memoria a breve termine e la funzione esecutiva carenti (bisogna seguire degli step quando si esegue un compito, bisogna aiutare questi bambini a trovare i sotto passi e guidarli passo - passo dando loro conferme). Queste caratteristiche si riscontrano anche nei bambini con deficit di attenzione.
I bambini affetti da autismo hanno un processamento sensoriale carente e, tra gli aspetti più specifici, negli spettri autistici ci sono: assenza di interesse sociale, problemi di rinforzo, bisogno di costanza di esperienze, comportamenti ripetitivi e necessità di minor cambiamenti possibili. Per quanto riguarda i comportamenti stereotipati il docente afferma che bisogna aiutare i genitori ad interrompere tali comportamenti e aggiungere qualcosa di altro pena un’interruzione o blocco dello sviluppo.
La seconda parte dell’ultimo giorno del corso di formazione è orientata a dare ai partecipanti dei punti fondamentali da considerare nel lavoro con pazienti autistici. Quando si lavora col video, afferma Downing, bisogna saper ciò che gli altri specialisti che trattano il caso fanno con quel paziente. Ciò è tanto più importante nel lavoro con pazienti autistici in quanto, come abbiamo visto, l’approccio è multidisciplinare. Con pazienti bisogna avere comportamenti chiari. I genitori devono sapere quali sono gli scopi da raggiungere e come stimolare il bambino ad acquisire nuove competenze. Il linguaggio utilizzato deve essere focalizzato sui sentimenti e descrittivo.
In conclusione dei lavori Downing ha proposto di lavorare su un video portato da un partecipante che lavora con pazienti autistici. Il caso specifico è di un ragazzo di 16 anni che ha spesso esplosioni di rabbia quando gli altri non gli permettono di fare ciò che lui è abituato a fare. Spesso il lavoro con questi pazienti è reso ancora più complesso per la scarsa motivazione al cambiamento non solo dei pazienti ma anche dei genitori. Ciò che si è analizzato sono i punti di forza di questa famiglia che si devono sottolineare e far emergere quali ad esempio il dare conferma delle competenze che il ragazzo ha acquisito (sa mettersi il pigiama) e sostenerli nell’imparare a farlo progredire partendo da ciò che piace fare al figlio e aggiungere gradualmente degli elementi di novità.
Le tre giornate si concludono con un feedback che i partecipanti danno al docente sul lavoro svolto, sulla tecnica della VIT e le tante possibilità di poterla applicare in vari contesti professionali e in svariate situazioni di disagio.